odilon redon
per boris
non sono più silenziosi gli specchi
né più furtiva l’alba avventuriera;
sei, sotto la luna, quella pantera
che a noi ci è dato percepire da lontano.
per opera indecifrabile di un decreto
divino ti cerchiamo invano;
più remoto del gange e del ponente
tua è la solitudine, tuo il segreto. ...>>
io ero l’albero e il mondo era il fiume – jonathan safran foer
a mio figlio non nato: non sono stato sempre in silenzio, prima parlavo, parlavo, parlavo, parlavo e non riuscivo a tenere la bocca chiusa, il silenzio si è impadronito di me come un cancro, successe una delle prime volte che mangiavo in america, quando tentai di dire al cameriere: ‘il modo in cui mi ha dato quel coltello mi ricorda..’ ma non riuscii a finire la frase, il nome di lei non usciva, ci riprovai e non usciva ancora, lei era chiusa dentro di me, che strano, pensai, che frustrazione, che cosa patetica, che tristezza, tirai fuori una penna e scrissi sul tovagliolo ‘anna’, poi risuccesse due giorni dopo, e il giorno dopo ancora, lei era l’unica cosa di cui volessi parlare, ...>>
l’anarchia dolce – franco cassano
bisogna essere lenti come un vecchio treno di campagna e di contadine vestite di nero, come chi va a piedi e vede aprirsi magicamente il mondo, perche’ andare a piedi e’ sfogliare il libro e invece correre e’ guardarne solo la copertina. bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra, invidiare l’anarchia dolce di chi inventa di momento in momento la strada.
bisogna imparare a star da se’ e aspettare in silenzio, ogni tanto essere felici di avere in tasca soltanto le mani. andare lenti e’ incontrare cani senza travolgerli, e’ dare i nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, e’ trovare una panchina, e’ portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda della strada, bolle che salgono a galla e che quando son forti scoppiano e vanno a confondersi al cielo. e’ suscitare un pensiero involontario e non progettante, non il risultato dello scopo e della volonta’, ma il pensiero necessario, quello che viene su da solo, da un accordo tra mente e mondo
un rumore di lillà che si rompe – alejandra pizarnik
(a cristina campo)
sono le mie voci che cantano
affinché non cantino loro,
gli imbavagliati grigi nell’alba,
i vestiti di un uccello devastato nella pioggia.
c’è, nell’attesa,
un rumore di lillà che si rompe.
e c’è, quando arriva il giorno,
una partizione del sole in piccoli soli neri.
e quando è notte, sempre,
una tribù di parole mutilate
cerca asilo nella mia gola,
perché non cantino loro,
i funesti, i padroni del silenzio.
i piedi scalzi degli angeli – david grossman
ci sono cose che non possono avvenire del tutto, fino in fondo. sono troppo grandi per poter trovare un luogo dove avvenire. e solo provano ad avvenire, provano il terreno della realtà per vedere se le può sopportare. e subito arretrano, timorose di perdere la propria completezza in un realizzarsi incompleto. e poi restano nelle nostre biografie quelle macchie bianche, segni odorosi, quelle impronte d’argento perdute dei piedi scalzi degli angeli, sparse in passi giganteschi sui nostri giorni e sulle nostre notti…
chi controlla – george orwell
se il partito poteva ficcare le mani nel passato e dire di questo o quell’avvenimento non era mai accaduto, ciò non era forse ancora più terribile della tortura o della morte? […] e se tutti quanti accettavano la menzogna imposta dal partito, se tutti i documenti raccontavano la stessa favola, ecco che la menzogna diventava un fatto storico, quindi vera. chi controlla il passato controlla il futuro. chi controlla il presente controlla il passato
l’invitation au voyage – charles baudelaire
mon enfant, ma sœur,
songe à la douceur
d’aller là-bas vivre ensemble,
aimer à loisir,
aimer et mourir
au pays qui te ressemble.
les soleils mouillés
de ces ciels brouillés
pour mon esprit ont les charmes
si mystérieux
de tes traîtres yeux,
brillant à travers leurs larmes. ...>>
inattesa e benvenuta – la tanto osteggiata pausa – gillo dorfles
ci troviamo di fronte a un colossale “inquinamento immaginifico”: l’eccesso di stimolazioni visive e auditive dovute a giornali, fumetti, filmati, televisione, ma anche alla segnaletica del traffico, alle scritte luminose, ecc., ha fatto sì che non resti più nulla libero da segni, segnali, indici. l’ipertrofia segnica ha raggiunto un parossismo per cui avvertiamo (o meglio dovremmo avvertire) sempre di più la necessità di una pausa immaginifica. oltre a ciò dobbiamo tener conto del verificarsi ai giorni nostri di quello che potremmo definire un “nuovo tribalismo”, ossia l’impulso a partecipare a certi “riti di massa”, come possiamo constatare appunto nella frequentazione , delle discoteche, nei rave, nelle gigantesche assemblee giovanili per le partite di calcio o per gli spettacoli rock, dove la personalità del singolo viene spesso abolita e sostituita da una sorta di “anima di gruppo” o di “inconscio collettivo”, e dove il singolo perde la sua autonomia e diventa schiavo del “rumore” e dell’eccesso di “pieno”. la smania di confluire verso il pieno e di fuggire il vuoto, di abolire l’intervallo tra sé e gli altri, trova le sue esemplificazioni più drammatiche nelle favelas delle nostre metropoli, nella scomparsa del mondo agricolo e della civiltà contadina. l’eccesso di immagini, di rumori e di suoni, del resto, si riverbera nell’incalzare del tempo. ...>>
il codice di accesso al lato oscuro delle cose – pietro spirito
…….la storia che il cinese si fosse bevuto il cervello l’aveva tirata fuori giangi. i giorni seguenti la sbronza triste intorno alla fontana ci eravamo incontrati di nuovo all’osteria. era un periodo sospeso, ce lo potevamo permettere. allora tra le chiacchiere saltò fuori la faccenda del cinese. da un po’ di tempo lo vedevano comportarsi in modo strano. non era sfuggito un via vai con l’ufficio postale, dove il cinese ogni tanto entrava e ne usciva con un pacco sottobraccio, involti che dovevano aver viaggiato parecchio. si diceva ricevesse anche delle lettere, tutto dal suo lontano paese. ma antonio, l’impiegato postale, e angelo il postino proteggevano il mistero. ...>>
il miracolo che mi aspetto – anais nin
io sono come la sfera di cristallo in cui la gente trova la sua unità mistica. a causa della mia ossessione per l’essenziale, della mia noncuranza per i dettagli, le banalità, le interferenze, le contingenze, le apparenze, le facciate, i travestimenti, guardare dentro di me è come guardare nella sfera di cristallo. gli altri vedono il loro fato, il loro io potenziale, il loro io segreto. ...>>
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